A partire dal 1952, l’Associazione Amici della Musica di Arezzo ha dato inizio al Concorso Polifonico Internazionale. Esso costituisce il più importante palcoscenico per le espressioni corali del mondo intero: un ventaglio incomparabile di repertori, stili, autori.

Breve storia del Concorso Polifonico di Claudio Santori

Quando prese il via il Concorso Polifonico intitolato a Guido d’Arezzo, in Italia non c’era tradizione polifonica: i tesori di Marenzio, Gesualdo, Palestrina e Monteverdi giacevano negletti o peggio travisati (un madrigale poteva essere eseguito da complessi anche di quaranta e più voci, non c’ era tradizione interpretativa, mancavano i maestri). Correva l’ anno 1952 e dietro l’ angolo rumoreggiavano ancora i fantasmi del ventennio e della guerra. Cumuli di macerie facevano bella mostra di sé in vari luoghi strategici della città (valga per tutti lo stadio “Mancini”) e Arezzo si apprestava al passaggio dall’economia (e dalla mentalità) agricola a quella industriale: un passaggio tanto fulmineo quanto massiccio che Piero Magi sintetizzò in una frase rimasta celebre: il contadino aretino, entrando in casa la sera, appoggiò la zappa allo stipite della porta e uscì la mattina dopo in lambretta per andare a lavorare in fabbrica. La neonata Associazione “Amici della Musica” (era stata appena fondata sotto gli auspici dell’ Accademia “Petrarca”: lo statuto reca la data del 14 gennaio 1950) riuscì ad organizzare il concorso che fu prudenzialmente mantenuto per quell’ anno a livello nazionale (si tenne in settembre, e precisamente nei giorni 7, 8 e 9). La riuscita, più che lusinghiera, stimolò la fantasia dei fondatori (una scelta pattuglia di professionisti presieduta da un giovane magistrato con la passione per la musica: il Dott. Mario Bucciolotti, con soci onorari del calibro del M° Arturo Benedetti Michelangeli, del Prof. Francesco Severi e dell’ appena defunto Padre Vigilio Guidi). Direttore artistico della manifestazione fu uno dei più illustri musicisti ed organizzatori musicali di quegli anni, Luigi Colacicchi che venne coadiuvato da Augusto Cartoni e da un gruppo di validi musicisti aretini fra i quali Bruto Tignani, violinista di scuola tedesca e direttore della Scuola di Musica del Praticino, per cui già la seconda edizione (1953) fu internazionale, con la presenza in Arezzo di ben 6 nazioni. I giorni dedicati alla competizione passarono da tre a cinque, con spostamento dal settembre al giugno (dal 25 al 29). “Poca favilla gran fiamma seconda”, ammonisce Dante: l’edizione 1954 rese definitiva l’internazionalità del concorso, anche se le nazioni partecipanti furono soltanto tre (Svizzera, Austria e Jugoslavia). Fu tuttavia sperimentato il mese di agosto che venne peraltro ritenuto ottimale, tanto da rimanere definitivo fino al 2010 e da essere ripristinato per la prossima edizione 2012, dopo una breve parentesi settembrina che si è rivelata per più motivi inadeguata. Il Polifonico ha segnato la cultura e il costume in Arezzo con grazia e armonia: il muro di Berlino fu abbattuto già nei primi anni Settanta con i cori della Germania dell’Est e di quella dell’Ovest che cantarono con fraterno slancio, incuranti di barriere ideologiche. Anche un presidente della Repubblica, sotto il cui alto patrocinio sta il Concorso, venne ad Arezzo per il decennale, nel 1962: Antonio Segni, l’unico capo di Stato che abbia mai presenziato alla manifestazione aretina. Gli anni di Polifonico hanno segnato i lenti, ma importanti e sostanziali miglioramenti della polifonia italiana che ha finito con il vincere anche premi: nel 1967 la corale Coradini (fresca di fondazione, risalente ai primi dello stesso anno!) vinse la competizione cori virili con la direzione del maestro Fosco Corti destinato a divenire uno dei personaggi indimenticabili della kermesse corale e lasciando con la sua prematura scomparsa un vuoto incolmabile. Gli organizzatori chiesero l’alto patro­nato del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, e l’ottennero senza alcuna difficoltà: prova del prestigio ormai raggiunto dalla manifestazione. Un prestigio ribadito e definiti­vamente sancito a livello europeo dall’edizione del successivo anno 1955, quarta dalla fondazione e terza del concorso internazionale. Le nazioni par­tecipanti furono sette: Austria, Germania Occidentale, Spagna, Svizzera, Jugoslavia, Francia e, naturalmente, Italia. L’ organiz­zazione fu eccellente sotto ogni profilo e la giuria allineò alcuni dei più bei nomi della coralità europea (Hans Haug, Hans Gillesberger [1]) e di quella italiana, da Alfredo Bonaccorsi a Celestino Eccher; da Lino Liviabella ad Achille Schinelli (un nome che nella musica corale per le scuole italiane corrisponde a quello del Sapegno per Dante!); da Bonaventura Somma a Luigi Toffolo, a un musicista come Mario Peragallo. Altri nomi mitici furono quelli di Nino Antonellini che sostituì Colacicchi alla direzione del concorso e di Franco Abbiati. Di particolare interesse è infine la presenza fin dai primordi del concorso di W.S. Gwynn Williams, direttore artistico del Festival Corale di Llangollen, segno che si guardava già all’Europa e al mondo. E finalmente il mondo politico e i grandi media si resero conto del valore che poteva avere, per la crescita della vita culturale tout court del Paese, la mani­festazione aretina. Col titolo “Voci di tutto il mondo ad Arezzo” la Settimana Incom dedicò a questa terza edizio­ne del Polifonico un servi­zio breve, ma efficace e inci­sivo: era una delle prime volte che Arezzo saliva all’ onore della cronaca naziona­le non per un motivo legato alla politica, all’arte o alla letteratura, ma per un motivo squisitamente musicale, per giunta legato al suo figlio più illustre nel “ramo”: il monaco Guido! Nel filmato si vede la platea gremita del “Petrarca” al momento dell’ inaugurazione del Concorso da parte del sottosegretario Brusasca. La macchina da presa indugia quindi (non tanto brevemente che non se ne possano cogliere le caratteristiche artistiche e spettacolari: le riprese sono professionalmente impeccabili) su cinque complessi, fra cui quello aretino che aveva portato, fuori concorso, il saluto della città agli ospiti stranieri: si tratta della Corale “Guido Monaco”, diretta dal M° Tommaso Stendardi, un vero esperto di coralità, dalla cui prematura scomparsa la vita musicale cittadina ha avuto tutto da perdere. Non senza commozione si vede infine all’opera (è l’ultimo dei brani presentati) un giovane maestro che sarebbe divenutonegli anni a venire uno dei miti del “Polifonico”: Bogdan Babic, intenso e già carismatico direttore del coro iugoslavo. Ma facciamo un passo indietro e torniamo alla genesi del concorso. Quando il 21 maggio del 1950 gli “Amici della Musica” invitarono il Coro Polifonico della romana Accademia di Santa Cecilia, diretto da Bonaventura Somma, a tenere un concerto in Arezzo, nessuno dei consiglieri del benemerito sodalizio si rese conto della reale portata dell’evento! Il concerto destò infatti grande interesse nel pubblico che accorse numeroso in S. Francesco e tutti si resero conto dell’ esistenza di un forziere che conteneva i dimenticati tesori di famiglia: l’immenso patrimonio, tutto da esplorare e rivalutare, costituito dalla polifonia rinascimentale. Mario Salmi -che in veste di presidente dell’ Accademia Petrarca aveva fatto da padrino agli Amici della Musica non volle che il concerto dei romani cantori rimanesse un fatto isolato: di qui l’idea di istituire in Arezzo un concorso nazionale di polifonia che ebbe luogo appunto nel settembre del 1952. Era stata imboccata una strada maestra perché il concorso fu il classico sasso gettato in uno stagno: l’dea giusta nel momento giusto. L’idea fu benevolmente accolta dal Ministero della Pubblica Istruzione e subito tradotta in realtà: pochi illuminati sapevano infatti allora che mancava nel nostro Paese una tradizione polifonica a causa dello sviluppo abnorme che aveva assunto nel corso dell’Ottocento il melodramma, creando indiscutibili capolavori e una grande tradizione, ma di fatto declassando ogni altro genere musicale.Da allora il “Polifonico” è venuto via via crescendo fino ad imporre ad Arezzo le assise mondiali della polifonia ponendosi come leader nel cosiddetto villaggio globale poiché il sentiero tracciato nella città di Guido è divenuto appunto la via maestra che ha condotto alla costituzione di analoghe iniziative in tutta l’ Europa, da Gorizia a Debrecen, da Tours a Tolosa.Fin dalla prima edizione del 1953, dunque, il vascello del Polifonico veleggiava col vento in poppa e il morale alle stelle. I primi anni videro l’assestamento di una formula decisamente vincente: basta scorrere per convincersene la stampaqualificata, nazionale ed estera, di quegli anni, dai «pezzi» di Giulio Confalonieri (Epoca) a quelli di Guido Pannain (Il Tempo). Altissime personalità della cultura nazionale e internazionale si entusiasmarono per il Polifonico: celebre è rimasto uno schizzo di Venturino Venturi per i lettori dell’aretino “Giornale del Mattino” (ma dove sarà andato a finire?); né si può tacere della visita al Polifonico di Emanuele Bondville, direttore dell’Opera di Parigi. Già nel 1958 la BBC effettuò un programma in inglese e in gallese, e la televisione di New York fece un servizio che fu visto in tutti gli U.S.A. Un illustre giurato svizzero, Lebrecht Klohs, realizzò a Lubecca un incontro internazionale di so­cietà corali invitando l’aretina Società Corale “Guido Mona­co” mentre César Geoffray realizzò nel 1956, sulla scia del Polifonico aretino, le Olimpiadi di Canto a Parigi.Nel 1959 cominciava il gusto per quella che chi scrive battezzò, nelle sue recensioni su “La Nazione”, cornice, ossia la manifestazione (ma spesso si è trattato di una serie di manifestazioni) collaterale: Gwynn Williams dirigeva, nel bicentenario di Haendel, pagine del Messia, immancabilmente entusiasmando con l’Alleluia. Luigi Colacicchi dichiarava: «Il Polifonico è un mezzo, non un fine: il mezzo di far conoscere e diffondere la maggior copia possibile di musica polifonica». Ma si guardava con attenzione al mondo della scuola: fin dal 1955 si notava la fossa esistente fra scuola e musica (in particolare corale): il Ministero, sensibilizzato, rispose con un interessante esperimento, che ebbe anche un discreto successo: fu fondato a Serravalle di Bibbiena il 1° corso triennale di addestramento al canto corale per maestri elementari. Arezzo viveva in quegli anni una stagio­ne musicale di sogno, grazie anche alla compresenza del corso di interpretazione e perfezionamento pianistico di Benedetti Michelangeli (che poi sarebbe fuggito da Arezzo e dall’Italia in seguito a note vicende): nel 1960 Michelangeli aprì il corso alle autorità del Polifonico. Ma il 1960 rimane negli annali del Polifonico per la prima esecuzione in Italia della Missa Brevis di B. Britten, auspice e direttore il solito Colacicchi (piace ricordare che sedeva all’organo il compianto don Athos Bernardini). Il successo fu enorme e lo stesso Britten ringraziò Colacicchi per lo splendido varo del suo lavoro (splendid send off) e per l’esecuzione curata così efficacemente (so excellently).Nel 1962, come già si è detto, per il decennale del concorso, venne ad Arezzo in compagnia di Amintore Fanfani, allora Presidente del consiglio dei ministri, il Presidente della Repubblica, Antonio Segni. Fu quella un’edizione memorabile (chi scrive la visse con particolare intensità per laprima volta dal di dentro, in qualità di «accompagnatore»): la cornice vide un concerto diretto da Nino Antonellini (Coro Polifonico di Roma) e un’esibizione del Collegium Musicum Italicum (direttore Renato Fasano). Trionfò nel misto il coro americano dell’Arkansas, ma si piazzò bene anche la «Tartini» di Trieste, iniziando il trend positivo, mai fino ad oggi smentito pur con qualche alto e basso, dei cori italiani. Giovanni XXXIII disse al congresso dell’Unesco, ma pensando al Polifonico aretino: «La musica rende gli uomini umili e generosi, unendoli non in modo passeggero, ma inculcando in essi la grande idea della fraternità». Dagli Amici della Musica il testimone è passato, nel 1985, alla Fondazione Guido d’Arezzo [2] che, mantenendo intatto il fascino di una manifestazione vocale-strumentale esemplare del miglior professionismo europeo e mondiale, ha saputo trasformarsi in un vero e proprio crogiolo di attività musicali ad altissimo livello che comprendono la ricerca, l’organizzazione di convegni, la pubblicazione della rivista “Polifonie” (una delle pochissime che, pubblicando di ogni articolo la contestuale traduzione in inglese, raggiunge con immediata efficacia la platea internazionale), la gestione di collane musicali e infine ma non ultima delle benemerenze- la sistemazione dell’archivio, finanziata dalla Regione che sostiene anche l’attività didattica per la formazione dei direttori di coro. Barcamenandosi fra le continuamente ricorrenti difficoltà finanziarie, la Fondazione ha saputo gestire l’immenso patrimonio morale ed artistico ereditato dagli Amici della Musica, onorando anche la tradizione delle cornici: dal concerto rimasto memorabile di Boris Bloch in S. Francesco (gli organizzatori aveva invano sperato di poter riportare ad Arezzo Benedetti Michelangeli) alla prima mondiale della Passio Iesu Christi secundum Ioannem di Paolo Aretino nel Polifonico a lui dedicato, all’organizzazione di tavole rotonde e convegni, alla gestione della scuola di perfezionamento per direttori di coro. Nel 2002, in occasione del cinquantesimo della nascita del concorso, ebbe luogo un evento decisamente eclatante. Luisi invitò Roberto Gabbiani, fresco di nomina a direttore del Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, a tenere il concerto di cornice: Gabbiani aderì con entusiasmo, anche in memoria dell’eccellente lavoro a suo tempo svolto ad Arezzo e presentò uno splendido programma palestriniano che ottenne in San Francesco il meritato successo. Fu un caso emblematico poiché né Luisi né altri si era reso conto che proprio il benemerito coro romano aveva dato cinquant’anni prima il via al Polifonico e che si era chiuso un ring semisecolare: capitò a chi scrive di sottolineare la singolare circostanza dalle colonne de “La Nazione”. Certo è che ogni sovrintendente succedutosi al timone più che ventennale della Fondazione ha lasciato la sua impronta: quella di Francesco Luisi è stata, forse, la più marcata: a lui si deve, fra le altre cose, il progetto del “Guidoneum”. Concludendo, dove sia nato Guido con certezza non si sa: forse ad Arezzo, forse a Pomposa, forse a Talla, ma poco importa: è conosciuto nel mondo come Guido d’Arezzo e la città si è rivelata pienamente all’ altezza di un nome che nel mondo è di ben più larga presa di quello stesso di Piero della Francesca!

 

Hans Gillesberger è considerato uno dei massimi direttori di coro della seconda metà del secolo scorso. Studiò giurisprudenza e musica sacra a Innsbruck e a Vienna e diresse il Vienna Boy’s Choir dal 1942 al 1945, per passare subito dopo alla direzione del coro dell’Opera di Stato di Vienna. Nel 1961 fu chiamato ad insegnare alla Wiener Musikhochschule e nel 1965 fu chiamato alla direzione artistica dei Wiener Sangerknaben. Ha lasciato preziose incisioni di riferimento di opere di Bach, del classicismo viennese (Haydn e Mozart) e del romanticismo mitteleuropeo (Schubert, Liszt e Bruckner).

A partire dal 1952, l’Associazione Amici della Musica di Arezzo ha dato inizio al Concorso Polifonico Internazionale e, dal 1974, al Concorso Internazionale di Composizione. Il 25 agosto 1983 è stata legalmente costituita la Fondazione Guido d’Arezzo per iniziativa congiunta della Regione Toscana, del Comune e della Provincia di Arezzo e dell’Associazione Amici della Musica di Arezzo ed ha ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica privata con decreto del Presidente della Giunta Regionale Toscana del 25 luglio 1984. La Fondazione ha iniziato la propria attività nel 1985, collegandosi all’attività precedente e dando vita a ulteriori iniziative culturali legate alla coralità internazionale.

Il Concorso Polifonico Internazionale Guido d’Arezzo costituisce, dal 1953, il più importante palcoscenico per le espressioni corali del mondo intero: un ventaglio incomparabile di repertori, stili, autori. Per gli oggettivi e severi criteri di ordinamento artistico e organizzativo che lo governano, per la sua organica selettività, il Concorso Polifonico Internazionale Guido d’Arezzo è prezioso stimolo ad una rigorosa ricerca interpretativa fondata su qualificati criteri filologici. Accanto ad esso, ed oggi come suo corollario integrativo e interattivo, si svolge l’annuale Concorso Internazionale di Composizione Guido d’Arezzo. La sua importanza nasce dalla funzione di stimolo esercitata nei confronti dei compositori d’oggi ai fini dell’arricchimento e della qualificazione dei repertori corali nel versante della musica contemporanea. Così che fino ad oggi sono pervenute alla Fondazione più di duemila opere di compositori di tutto il mondo.

Prendendo spunto dalle celebrazioni per il Millenario di Guido d’Arezzo celebrato da un Comitato Nazionale istituito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, a partire dal 2000 la Fondazione Guido d’Arezzo ha istituito un Centro Studi Guidoniani a cui fanno capo attività culturali, di ricerca, editoriali e convegnistiche.